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Carissimi lettori di Tra Verità e Menzogna,
in questo fine settimana, con inizio dal Post di ieri , cercherò di inserire alcuni articoli di particolare interesse che ci aiuteranno meglio a capire a che livello di degrado politico-culturale ed economico-finanziario siamo arrivati , con tutte le conseguenze che già si prospettano, anche a breve.
Dopo l'articolo di Stiglitz, premio Nobel dell'economia, centrato più sull'economia Americana e dei paesi occidentali, oggi riporto l'articolo di Oscar Giannino, che entra più nel merito delle vicende italiane, in particolare per quanto concerne la manovra finanziaria e quanto accorso in questi ultimi giorni.
Nulla comunque al momento si dice delle nostre banche e di Unicredit in particolare, chiuse ieri le trattazioni in borsa per eccesso di ribasso...
Non perdetevi le prossime uscite, cercheremo di chiarire al meglio anche questi aspetti.
Un fine settimana tour de force
Ai diffidenti...continuate pure ad ascoltate i TG della disinformazione, di tutto vi parlano, ma non di certo di quello di cui vi dovreste interessare, così facendo...siamo alla frutta!
Ogni tanto rileggetevi i primi Post pubblicati su questo Blog...meditate gente, meditate!
Come sempre Tra Veriità e Menzogna ...restate " Ad occhi aperti!"
Il vostro
Pinocchio & Giò
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Il bilancio complessivo degli ultimi due giorni è disastroso, per il governo. Lo scambio di epiteti tra ministri nella confertenza stampa di presentazione della manovra, l’effetto degli atti giudiziari provenienti da Napoli sull’onorevole Milanese collaboratore di Tremonti, l’intervista odierna a Repubblica di Berlusconi nella quale Tremonti è descritto come un vero e proprio nemico interno, le dichiarazioni ai magistrati del titolare dell’Economia in merito a lotte di potere tra due cordate della Guardia di Finanza una delle quali farebbe capo a Palazzo Chigi e che alimenterebbe gli attacchi ai suoi danni, l’annuncio del premier che la norma salva-Fininvest è stata scritta dal Tesoro e dalla Giustizia e verrà ripresentata in Parlamento. Tutto ciò fa ulteriormente perdere anche la parvenza di credibilità a un esecutivo sempre più minato, nel giudizio pubblico e nei sondaggi, da una crisi che è personale del premier, politica della sua compagine, e morale dell’intero orizzonte di valori e comportamenti che vengono posti in essere dal centrodestra mentre agli italiani si chiedono nuovi sacrifici impegnativi. Per chi, come noi, crede in mercato e concorrenza, in uno Stato più agile e concentrato nel poco che dovrebbe fare meglio, in un fisco meno oppressivo e dunque in meno spesa pubblica bruciata a vanvera, non è possibile ragionare in nome del “gli altri sarebbero peggio”. Peggio di tutto è chi rende col suo operato impresentabile per anni a venire ciò in cui noi crediamo. E poiché non siamo fatalisti ma crediamo nella forza dell’individuo e della società, bisognerà adoperarsi perché dal basso nasca nei prosismi mesi qualcosa che risponda sul serio all’esigenza di dare rappresentanza credibile a ciò che non può e non deve essere confuso con interessi personali, meschine compromissioni ed evidenti incompetenze, quali quelle che riempiono le cronache politiche in questa fase. Io, almeno, la penso così. Ma non impegno alcuno che scriva qui, e m’interessa capire come la pensate voi, qualunque sia il vostro giudizio: non ne faccio questione di politica, qui tentiamo di evitarlo sempre, ma di concreti spartiacque sulle misure economiche da assumere per dare solidità alla finanza pubblica e far ripartire la crescita.
Provo a mettermi nei panni di chi per mestiere non è tenuto come noi a seguire da anni le evoluzioni della politica economica e gli andamenti della finanza pubblica. Un semplice cittadino che lavora e paga le tasse, o passa il suo tempo a disperarsi perché il lavoro non ce l’ha o è pensionato con poche centinaia di euro al mese, che cosa capisce della manovra finanziaria per azzerare il deficit pubblico al 2014? Nella semplificazione spesso brutale che i media riservano a interventi di grande complessità, la probabilità più elevata è che al cittadino giungano due o al massimo tre messaggi in pillole.
Il primo è che il governo dice che bisogna azzerare il deficit pubblico in tre anni se non vogliamo correre rischi greci, ma di fronte a un rischio simile proprio la vicenda greca insegna che la politica dovrebbe avere poche e grandi idee chiare, e comunicarle bene ai cittadini. Mentre da noi ecco che puntualmente tutti sono in dissenso con tutti: non solo governo e opposizione, sarebbe normale, ma ministri con ministri – vedi le vicende di ieri – premier e ministri stessi, Lega e Pdl, Regioni e Comuni rispetto al governo. E chi più ne ha più ne metta.
Secondo. E’ stato detto infinite volte che il rigore deve essere fermo ma bisogna anche pensare alla crescita, perché se l’economia continua a crescere di meno di un punto percentuale l’anno i guai restano, sia per gli italiani sia per la finanza pubblica. Eppure quel che giustamente più “passa” della manovra sono i tagli respinti alle Autonomie, i contenimenti nel pubblico impiego, le nuove tasse sui risparmi investiti in titoli, i ticket sanitari, il freno all’adeguamento delle pensioni al costo della vita.
Terzo. Tutti concordano che per crescere di più occorre meno fisco su lavoro e imprese, ma ancora una volta siamo all’annuncio di una delega e gli interventi concreti saranno in un futuro incerto.
Credo siano più o meno queste, le pillole di manovra in base alle quali il più dell’opinione pubblica sta formando la propria opinione i questi giorni. Sono sbagliate? Un componente del governo direbbe di sì, perché nella manovra c’è molto altro. Ma, da osservatore, devo dire invece che per quanto ipersemplificate sono fondate eccome, le tre pillole.
Vediamo però almeno di spiegarle.
Da che cosa nasce, l’aspra divisione sulla manovra? Ripeto, non sto parlando delle bocciature da parte dell’opposizione. Mi riferisco alle paurose sbandate del centrodestra, alle innegabili difficoltà registrate ieri con categorie come Confesercenti e Coldiretti, all’insurrezione contro la manovra da parte delle Autonomie. C’è da stupirsene? Proprio no. Perché si crei una necessaria atmosfera di coesione intorno a manovre che muovono dai 3 ai 4 punti di Pil, occorre aver dissodato bene il campo. Occorre cioè aver detto e ripetuto con argomenti persuasivi e con toni adeguati, fino allo sfinimento, che un rischio enorme è di fronte all’intero Paese come e mezza Europa – ieri Portogallo e Spagna ne hanno avuto nuovi segnali. E che a questo rischio bisogna rispondere con un enorme sforzo collettivo. Purtroppo, è evidente che all’interno dello stesso governo, e a cominciare da chi lo guida, le idee sono assolutamente confuse.
Il secondo problema nasce da altro. Non solo occorre parlare al paese con voce univoca e con rigore a cui corrisponda credibilità personale, e con misure che per prime diano l’esempio che la politica non si sottrae alla cinghia tirata (altro che il no all’abrogazione delle Province, e i tagli ai costi di partiti e istituzioni rinviati all’ennesima commissione). Bisogna indicare al Paese alcune misure di risparmio essenziale e condivise, che identifichino con chiarezza grandi centri di spesa fuori controllo e non solo le tasche dei cittadini da cui reperire nuove risorse. Questi comparti di spesa da ridurre con decisione ci sono eccome. Le forniture della sanità valgono da sole 80 miliardi di euro l’anno, e sono lievitate del 50% in sei anni , senza che dovessimo fronteggiare epidemie. Se non lo si può dire, perché nel frattempo la Lega ha chiesto e ottenuto che per il più ampio consenso ai decreti attuativi del federalismo fiscale bisognava promettere alle Regioni l’invarianza complessiva nazionale della spesa sanitaria ai livelli del 2009 – comprese dunque le forniture monstre – allora non ci si può stupire, se Regioni e Autonomie insorgono come un sol uomo contro il governo.
Altro esempio: è giusto aver aperto all’aumento delle addizionali locali, senza aver messo alcun freno per esempio alle società partecipate e controllate dalle Autonomie? Quando per esempio in regioni come il Piemonte le società partecipate sono passate da 373 del 2003 a 356 del 2008 diminuendo di numero, e le controllate da 247 a 251 cioè praticamente uguali, mentre in Campania negli stessi anni le partecipate sono passate da 230 a 287, e le controllate da 165 a 208, con tassi di aumento del 30%? E’ giusto chiedere al contribuente nuove tasse, quando sul milione e 400 mila unità immobiliari di proprietà dei Comuni Italiani – tra ex Iacp e gestioni dirette - il tasso di morosità è intorno al 60%, e quando si calcola che il patrimonio pubblico in mano alle Autonomie – l’80%s del totale nazionale nel nostro Paese – costa ogni anno il 2% del suo valore mentre rende solo l’1%, per l’incapacità degli amministratori pubblici?
Sulla riforma fiscale, ho poco da aggiungere. Tremonti l’ha in testa. Ma al cittadino che ha poco tempo, e lo sente dire che dalle centinaia di deduzioni e detrazioni date oggi a casaccio si possono ricavare fino a 30 miliardi di euro per abbassare le imposte, penso sia ovvio venga come prima idea che se è vero bisogna farlo subito, e non aspettare la prossima campagna elettorale. E se sono i suoi colleghi di governo a non volere prima delle elezioni levare le deduzioni chi oggi ne gode e non le merita, allora il problema sta nel manico e cioè in chi lo guida, il governo. Quanto a me, aver appreso due giorni fa che i 15 miliardi di minori deduzioni servono invce non a far diminuire il peso fiscale, e nemmeno a finanziare una riforma fiscale ainvarianza di gettito, ma sono invece vincolati a copertura di maggior spese e ad assicurare l’ottenimento dell’azzeramento del deficit, ebbene dico che una riforma consimile delle deduzioni non la voglio, perché chi la pensa come me saprebbe farla meglio: cioè con meno spesa publica reale, e meno pressione fiscale reale.
( fonte : articolo del 8/7/11 di Oscar Giannino)
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